
IL CONTRATTO DERIVATO: DALLA TEORIA DELLA "SCOMMESSA RAZIONALE" ALL'ESCLUSIONE DEI "DERIVATI IMPLICITI"
Quali sono i settori dell'economia in cui sono più diffusi? In cosa consistono? Quali sono gli argomenti che hanno orientato le più recenti decisioni in materia? Una breve ricognizione giurisprudenziale.
By Avv. Simone Ceresoli - __/03/2021

Introduzione
Per quale motivo il prezzo praticato dal nostro benzinaio sotto casa rimane sempre invariato (e purtroppo risulta sempre piuttosto caro) mentre quello praticato da un altro cambia continuamente (beneficiando dei cali di prezzo del petrolio)? Quasi certamente il primo benzinaio avrà stipulato un derivato.
I contratti derivati sono diffusi in tutti i settori dell'economia.
Non si trovano solo nel mondo della finanza (tassi di interesse, valute, ecc.), ma anche dell'economia reale su beni reali (c.d. commodities), come per esempio nell'agricoltura (derivati sul grano) e in ambito energetico (derivati sulle commoditynel settore gli stessi prezzi mentre altri lo stesso prezzo ggior parte dei manufatti, sia quelli destinati ai consumatori sia quelli suscettibili di utilizzo su scala industriale, non vengono commercializzati direttamente dal produttore. Al contrario, questi beni giungono sul mercato, perlopiù, attraverso una fitta rete di rapporti intermedi che intercorrono tra il produttore e un soggetto terzo, detto "distributore", che, tra gli altri, come ha il compito di entrare in relazione con l'utilizzatore finale.
L'assetto di interessi tra la due parti è squilibrato a favore del produttore e a svantaggio del distributore.
Segue una breve analisi della figura contrattuale, dei relativi profili di contenzioso più diffusi, considerati anche alla luce di un confronto tra vari ordinamenti.
1. Tratti caratterizzanti del contratto di distribuzione
In Italia l'originaria normativa a tutela degli immobili di interesse storico e artistico risale ai primi del '900 (legge 20 giugno 1909, n. 364).
Mirava essenzialmente a garantirne la conservazione per il bene della comunità sia per ragioni di pubblica sicurezza sia per ragioni storico-culturali.
Tale finalità era perseguita attribuendo allo Stato speciali prerogative e corrispondenti obblighi a carico del proprietario privato. Particolarmente significativo, in tal senso, è l’art. 5 L. n. 364/1909 cit. sopra: “le cose [di interesse storico artistico] qualora deteriorino o presentino pericolo di deterioramento e il proprietario non provveda ai necessari restauri in un termine assegnatogli dal Ministero dell’istruzione pubblica, potranno essere espropriate”.
Ad oggi si sono avvicendate diverse leggi (tra cui ricordiamo la legge 1° giugno 1939, n. 1089 c.d. legge Bottai), ma lo spirito di fondo del Legislatore è rimasto sicuramente immutato.
2. Riferimenti normativi
La normativa vigente in materia di immobili di interesse storico e artistico è il D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (c.d. Codice dei Beni Culturali).
3. Come si individuano gli immobili di interesse culturale?
Come si distingue un bene immobile “di interesse culturale” da un immobile “qualunque”?
Non dall'aspetto esteriore, o meglio, non solo da esso.
Un bene non nasce “di interesse culturale” né può assumere tale qualifica automaticamente. Quindi non basterà, per esempio, che il bene appartenga a specifiche categorie catastali (si pensi alle categorie A/9 - Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici e A/11- Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi).
La qualifica giuridica in esame, invero, viene acquisita sempre a valle di uno scrupoloso controllo di meritevolezza condotto in concreto, bene per bene, a cura delle Autorità competenti attraverso un procedimento ben preciso.
Il procedimento è avviato dalla soprintendenza (ossia un organo periferico del Ministero dei Beni Culturali) e il suo svolgimento è interamente disciplinato dalla legge.
All'esito, se il controllo di meritevolezza si conclude con esito positivo, e quindi il singolo bene viene riconosciuto essere concretamente “di interesse culturale”, il Ministero emette il un provvedimento in cui viene ufficialmente riconosciuto che il bene è meritevole di tutela. Il provvedimento viene poi trascritto nei pubblici registri immobiliari.
Da questo momento l’immobile assume a ogni effetto di legge la qualifica “di interesse culturale” e, conseguentemente, viene ad essere assistito dal relativo regime di tutela.
4. Il regime vincolistico
La qualifica in esame comporta essenzialmente l'applicazione di un insieme di regole denominato “regime vincolistico” (è per questo tali immobili sono detti anche “vincolati”) .
Queste regole valgono erga omnes, e quindi non solo nei confronti di chi è proprietario del bene al momento della costituzione del vincolo ma anche verso tutti i futuri proprietari di quel bene, idealmente fino all'infinito.
Il regime vincolistico risulta particolarmente gravoso nei confronti del privato, sia sul piano giuridico sia sul piano economico, e sulla sua osservanza vigila direttamente la soprintendenza per conto del Ministero dei Beni Culturali.
Contiene una serie di veri e propri vincoli consistenti, come vedremo brevemente di seguito, in obblighi sulla conservazione del bene, sulla destinazione d’uso e sul trasferimento del bene medesimo.
a) Conservazione
L’esecuzione di opere su beni di interesse culturale è subordinata ad una autorizzazione della soprintendenza, tuttavia per gli edifici ad uso abitativo vale una procedura semplificata.
I proprietari privati sono tenuti a garantire la conservazione del bene attraverso interventi di:
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prevenzione per limitare le situazioni di rischio connesse al bene nel suo contesto;
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manutenzione per mantenere il bene nella sua integrità, efficienza funzionale e identità sia nell’insieme sia nelle sue parti;
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restauro finalizzati al recupero e alla protezione del bene nonché alla trasmissione dei suoi valori culturali nel tempo.
Gli interventi conservativi volontari, cioè compiuti volontariamente dal privato, sono sottoposti ad una autorizzazione resa direttamente sul progetto presentato dal privato alla soprintendenza.
Gli interventi conservativi imposti, ossia gli interventi che devono essere compiuti indipendentemente dalla volontà del privato, risultano da una relazione tecnica redatta a cura della soprintendenza che ne ponga in luce la necessarietà. La relazione è trasmessa al proprietario che può anche far pervenire le proprie osservazioni. Se il proprietario non adempie, la soprintendenza procede con l’esecuzione diretta degli interventi necessari.
I costi degli interventi conservativi imposti sono integralmente a carico del privato. Se però gli interventi sono di particolare rilevanza, oppure riguardano beni in uso o godimento pubblico, il Ministero può concorrere alla relativa spesa.
b) Destinazione d’uso
I beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione.
c) Prelazione
Se il proprietario intende vendere l’immobile a un altro soggetto privato, lo Stato ha diritto di essere preferito a quest’ultimo nell’acquisto.
Subito dopo la conclusione della vendita tra i privati, deve essere trasmessa al Ministero una denuncia di trasferimento contenente le indicazioni previste dalla legge, tra cui il prezzo pattuito.
Entro i 60 giorni successivi, lo Stato può esercitare il diritto di prelazione e, così, prevalere sull’aspirante acquirente nell'acquisto del bene.
Se lo Stato non esercita la prelazione allora il contratto stipulato tra le parti sarà definitivamente efficace nei confronti dell’acquirente privato.
5. Le agevolazioni fiscali
Il gravoso regime vincolistico trova un bilanciamento in alcune agevolazioni fiscali, fruibili a fronte del rispetto di specifiche disposizioni.
Tra le varie misure agevolative, si ricordano: (i) riduzione del 50% della base imponibile IMU (ferma l’esenzione “prima casa”), (ii) esclusione dall’attivo ereditario ai fini delle imposte di successione, e (iii) imposta di donazione in misura fissa.
Le agevolazioni fiscali non si estendono, però, a quegli immobili sottoposti a vincolo c.d. “indiretto”, cioè un vincolo che non si giustifica direttamente con un intrinseco interesse culturale dell’immobile su cui il vincolo insiste, ma solo indirettamente, in quanto risulti strumentale a preservare edifici di interesse culturale ubicati nelle vicinanze.
Come i vincoli diretti, così anche i vincoli indiretti risultano dai pubblici registri immobiliari e valgono erga omnes.
Conclusioni
Essere proprietari di un immobile di interesse culturale significa impegnarsi a rispettare un regime speciale, giustificato dall’esigenza di mantenere il bene in buono stato di conservazione nell'interesse di tutta la collettività.
Tale regime è particolarmente oneroso sia sul piano giuridico sia sul piano economico. Pertanto è imprescindibile conoscerne adeguatamente il contenuto sia, per esempio, in occasione di interventi di ordinaria amministrazione, sia in occasione del trasferimento del bene.
D'altra parte, la gravosità della disciplina viene contemperata (e, in un certo senso, "ricompensata") dal Legislatore riconoscendo a favore del proprietario privato alcuni benefici fiscali.
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